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    Cosa ci insegna Federica Pellegrini in Underwater

    2 anni ago · · 0 comments

    Cosa ci insegna Federica Pellegrini in Underwater

    Questo articolo è per coloro che vivono nella sconfitta senza più sperare nella vittoria e per coloro che credono che la vittoria sia a loro definitivamente preclusa. 

    Partirò da Federica Pellegrini e finirò con ciascuno di noi. 

    Lacrime che bagnano il suo volto gusto cloro, lacrime di gioia, lacrime di fatica e di sconforto.

    Con la testa sott’acqua così come forse siamo stati in questi ultimi due anni, appare difficile distinguere la linea di galleggiamento in piscina immaginiamo nella vita, così tanto presi dalla paura di sentirsi affogare. 

    Ma tramite lo sport, questa metafora ci appare più visibile, comprensibile. 

    Decimi di secondo decidono la qualificazione ai successivi blocchi partenza e da lì l’inizio di un’innegabile e certificata capacità. 

    Ma chi ci tiene il tempo nella vita? 

    Dotati di orologi interiori che scorrono a diverse velocità, ci poniamo obiettivi speranzosi, senza sapere mai con certezza se le strade scartate sarebbero state migliori di quelle percorse. 

    Per i più ansiosi, veloci lancette bruciano i secondi, e il naturale procedere cede il passo all’affanno. Irretiti in una corsa senza meta ci si trova addolorati per la perdita di un’altra primavera. 

    La verità è che un andirivieni di sconfitte e vittorie accompagna silenzioso e quasi inesorabile le stagioni del nostro vivere: avremmo tutti bisogno di sentirci campioni della nostra vita, e invece a volte seduti ai piedi del podio, dobbiamo solo guardare dal basso chi svetta accanto a noi, accettando amaramente di non essere arrivati.

    “Era da una vita che non piangevo così, da ieri sera ho proprio le cateratte” dice Federica angosciata nel non vedere il suo nome tra le prime posizioni sul tabellone d’arrivo.

    Nei casi più fortunati, se ci pensiamo bene, quella medaglia mancata, avrebbe pesato troppo su un collo tanto privo di muscolatura.  

    Altre volte invece come spiegherà la psicologa a Federica, il bisogno di toccare il fondo era necessario a darsi la forza per risalire. 

    Quanti come lei, comprendono l’amore profondo per i propri traguardi solo qualora ne sentano possibile la perdita?

    La maturità, la vita pian piano insegnano a vedere questo movimento come naturale, ad accettarne le oscillazioni, a salire e scendere dai gradini del podio, anche se a volte, identificati con i nostri tentativi finiamo per definirci come tali. Falliti. 

    Underwater, visibile sulla piattaforma Amazon Prime ci insegna a ripartire. 

    A vedere la dinamicità che offre il vivere. 

    Ad osservare in Federica, un’amabile umanità, un lato emotivo di lei sconosciuto ai più.

    Con commozione ho sentito l’effetto su di lei di ogni traguardo imperfetto, di ogni gara al di sotto delle sue personali aspettative e degli sforzi che non arrivano a meta. 

    Con una genuina generosità Federica apre al mondo se stessa, una se stessa che come scrive su Instagram si mostra nel bene e nel male. Credo che questo, in tempi in cui la perfezione impera sovrana, sia un potente regalo che ci fa. 

    Il volto terreno della campionessa “Divina”. 

    Un inno alla normalità, che dite?

    Una bambina che aveva paura a mettere la testa sott’acqua in piscina. 

    Una ragazzina che per prendere consapevolezza del suo corpo vomitava in solitudine mettendosi con violenza lo spazzolino in gola. 

    Una giovane donna che posticipa con sacrificio i bisogni della sua età per un obiettivo più ambito. 

    Campione è chiunque che con le lacrime agli occhi per la paura riesce comunque ad uscire di casa, campione è chi risale sugli sci dopo una brutta caduta, chi si solleva da un abbandono e abbraccia le sue ferite affidandosi a ciò che accadrà. 

    Il mio studio è pieno di potenziali campioni. Giocatori della vita, che nella massima fragilità cercano un allenatore per potere ripartire. 

    In questo non smetterò mai di dire che mi sento una privilegiata a poter accogliere la purezza del dolore che taglia a metà e il costo di bilanci in passivo.

    Poi ci sono gli altri. 

    “Nessuno si salva da solo” dice Margaret Mazzantini, e la storia di Federica lo conferma.

    Nelle difficoltà serve qualcuno che tenga il passo, che veda la bracciata che sta per spezzarsi, il fiato corto e la demoralizzazione e sappia prestare quel senso di fiducia che purtroppo a volte viene momentaneamente meno. 

    Nella vita di Federica non manca una famiglia che tifa per lei, che la sostiene con amorevole fiducia ai bordi della vasca. Alberto l’allenatore, duro ma affettivo, che la scherma dal mondo esterno al quale è ancora impreparata e la traghetta ad una maggiore capacità di scelta. 

    Ciliegina sulla torta, l’amore, forse la vera ricongiunzione della campionessa con la donna. 

    E ora tocca a noi, con il soffio del respiro a fior d’acqua ricordiamoci di sollevare la testa, espirare i dolori, e trovare la linea di una nuova traiettoria per ripartire.  

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    Valentina Calanca

    Valentina Calanca

    Psicologa Psicoterapeuta Valentina Calanca, opera a Carpi ( MO )

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